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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
1) Dai fratelli sacrificatori: i figli dei genitori.
Dai genitori vengono due risposte:
a) accondiscendenza
b) compromesso; ma manca la vera:
c) fede salda: rigorosità morale applicata ai genitori
come proposta ai figli, non per essere stimati o per
riportarli al fideato, ma per averne un odio raffinato
e sacrificatori più spietati.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco venir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Il sacrificale lo prego vivendolo. Vivo:
1) Quello che mi do per degoisticarmi
2) Quello che mescolo al beneficale
3) Quello che accetto liberamente dai miei fratelli sacrificatori.
Quelli generici hanno ceduto il posto a quelli specifici. I
figli sacrificatori dei loro genitori.
Li fa su il Padre, morendo così: l’incalzante presa piacerale
alimenta la crescita egoisticale, fino alla appropriazione
di sé totale.
La appropriazione di sé elimina qualsiasi altra proprietà:
‘Io sono mio, non sono più vostro; né di Dio, né della
Chiesa, né dei genitori’: sente e dice e grida la nuova
generazione. Non lo sono più figli vostri: né fideisticamente,
né religiosamente, né moralmente: lo sono solo
fisicamente. Del Padre non lo sono certamente, di Satana
lo sono sicuramente.
Davanti a un simile generale fenomeno ognuno fa le sue
riflessioni e matura le sue decisioni. Due sono le prevalenti,
la terza la vediamo assente. Ogni genitore potrà ravvisare
la sua risposta operativa.
a) La prima risposta ai figli sacrificatori è la accondiscendenza.
È la più facile e la più rovinosa. La scalpitante
presa piacerale dei figli non viene minimamente
contrastata. Si concede tutto quello che
domandano, perché i figli possano comodamente
inserirsi nella società loro giovanile. I mezzi non
mancano; il farli felici e contenti è la migliore ricompensa
per i genitori. In realtà i genitori cadono nel trabocchetto
della comunione egoisticale: si fanno piacere
dai figli per godere della loro comunione egoisticale.
Ma l’insipienza di troppi genitori, e non meno
dei nonni, giunge fino a prevenire le richieste piacerali
dei figli. (Quello che fa la pubblicità con noi)
Avranno allora di più di quello che desiderano, e
imprimeranno alle nuove generazioni una velocità
inarrestabile. È facile prevedere che simili genitori
sventurati avranno in eredità giorni molto amari, che
otterranno il suggello dell’insipienza: ‘E pensare che
non ho loro lasciato mancare niente!’.
b) La seconda risposta ai figli sacrificatori è quella del
compromesso: ora i genitori danno una pedalata, ora
una frenata. Ora cedono, ora negano in attesa che la
maturazione dei figli li esoneri da quel tormentoso
equilibrio. Quel faticoso temporeggiamento lo si
copre e lo si giustifica col bene dei figli. In concreto
è sempre la preoccupazione di non perdere i figli,
ma di salvare ad ogni costo quella comunione egoisticale
che i figli non sono più disposti ad accettare.
La comunione la fanno con se stessi e vi immettono
solamente coloro che danno un incremento allo stile
piacerale della loro vita.
c) La terza risposta: saldezza di fede e rigorosità morale
come proposta ai figli, applicandola a voi stessi.
Difendete strenuamente la fede e la morale dalle
aggressioni più pericolose. Quali sono?
Sono i vostri figli. La loro vita sfidata, demoralizzata e
decisamente piacerale vi aggredisce, prima col dubbio.
Non è difficile farlo con una fragilità religiosa e morale
dei genitori, che conserva le cose tradizionali, ma non
dispone di conoscenze convinte, le uniche che resistono
agli assalti. Non ne avete e non ve le procurate: l’ignoranza
religiosa dilaga.
Dal dubbio alla negazione e al rigetto il passo è veloce:
‘Hanno ragione i nostri figli a cominciare a godersela di
qua’. Saldezza e rigidità non per salvare i figli, non più
riportabili al vostro fideato. Non attendete stima per questo,
ma un odio ancor più arrabbiato e sacrificatori ancor
più spietati. È allora che voi li tenete per la sinistra, il
Padre per la destra sacrificale.

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