245

Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
1) I fratelli nostri sacrificatori: la donna sacrificatrice
dell’uomo. La donna si sente seconda in appropriazione.
Va in corsa sfrenata sfruttando le sue capacità femminee.
Si fa raffinata per affascinare. Perde ogni senso
morale. Sposata, non vuole limitazione dai figli. Pronta
a bruciare la famiglia.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Lo prego vivendolo in quello che mi do, in
quello che vado mescolando col beneficale, in quello che
accetto liberamente dai miei fratelli sacrificatori. Di sacrificatori
ne abbiamo elencati tre:
1) i figli lo sono dei loro genitori
2) i cristiani lo sono dei solo sacerdoti
3) i padroni lo sono dei loro operai.
Né genitori, né sacerdoti, né operai hanno capito la loro
vocazione nel momento presente. E la vocazione al sacrificale
è di marchio Paterno. (Viene dal Padre) Infatti sacrificatore
implica necessariamente morte abissale dell’amore
Paterno (fecondata dal Padre).
Chi vuol essere figlio del Padre, si lascia sacrificare con
devoto silenzioso amore sacrificale.
L’elenco dei sacrificatori non sarebbe completo se non
avessimo a far parola di un quarto. Lo dobbiamo esprimere
al femminile perché si tratta della donna. Sacrificatrice
dell’uomo è la donna.
Siamo davanti a un fenomeno che si sta svolgendo, e quindi
non investe tutte le donne alla stessa maniera, ma in
gradazione diversa.
Il sacrificatore si fa male all’amore, ma se nessuno si
lascia sacrificare, chi aiuterà il Padre a salvare l’umanità?
Dunque: sacrificatrice dell’uomo è la donna. I vistosi
mutamenti sociali non risparmiano alcuna fascia della
società. La prima fascia della società a risultare plasmata
in modo nuovo è quella delle nuove generazioni. In esse
come in tutte è presente l’uomo e la donna.
1) In ambedue la presa piacerale ottiene dal benessere una
intensificazione (accelerazione)
2) La presa piacerale alimenta la crescita egoisticale.
3) Con conseguente fenomeno di appropriazione graduale.
Chi ne ha di meno, corre di più. È la donna che è inferiore
all’uomo in appropriazione. L’uomo supera la donna in
libertà, in professionalità, in dilatazione sociale, in attività
associativa, in attività politico-sindacale, militare e ecclesiale.Giustamente la donna si sente seconda in appropriazione.
Di qui il suo sforzo gigantesco per conseguire almeno
una parità appropriativi. È naturale che la donna sfrutti
al sommo i mezzi che la specifica di donna mette a sua
disposizione: sa di essere di richiamo, sa di avere una sua
potente calamitazione e di poter manovrare la sua (ammirazione)
attrazione fascinosa. Abbiamo così una donna
raffinatissima, dalla quale scompare riservatezza, pudore e
modestia, mentre ingigantisce la sua sensibilità, la sua
sensualità e la sua sessualità. Scompare ogni limite, ogni
regola morale. Moda e televisione sono le sue guide infallibili.
Vi credono ciecamente e le seguono supinamente. Il
fidanzamento va in auge, il matrimonio va scadendo. La
donna sposata teme una sola cosa: che la famiglia l’abbia
a espropriare. Dei figli ha paura, non per le incognite
generazionali, ma perché sono riduttivi della sua proprietà:
le rubano il tempo, la sua professione, il suo svago, il
suo piacerale. Il marito non attento in nessun modo alla
proprietà della donna, perché già ci sono le condizioni per
far saltare il legame matrimoniale e darsi una nuova convivenza
che non intacchi la sua proprietà.
Corsa appropriativa, difesa appropriativa; appropritive
sono le note emergenti della donna di oggi. Il tutto la fa
sacrificatrice dell’uomo, della famiglia, dei figli. Si fa
avanti una donna grande, capace di sacrificare l’uomo. È
l’uomo chiamato a fare il piccolo, a lasciarsi sacrificare
per salvare donna e se stesso. La vocazione dell’uomo?
Lasciarsi sacrificare a modo divino.

Nessun commento:

Posta un commento