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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
Il sacrificale fisico ha una sua collocazione naturale: in vecchiaia.
Detta brutta e caricata di odio. La cultura ne muta il
nome: terza età. Noi la chiamiamo età sacrificale.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il vecchio
fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del dire
egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare sacrificale.
Lo prego vivendolo: quello che mi do io al piacerale, quello
che mi danno gli altri, quello che mi dà il corpo mio. Lo
chiamo il mio sacrificale fisico. Radicato nella forma piccolare
iniziale, che ha funzione orientatrice. Matura nella forma
piccolare finale, che ha funzione assolutrice e talora una funzione
ricuperatrice: fa recuperare in extremis la vita dell’amore
Paterno. Il sacrificale fisico può farsi ad ogni età, per azione
di malattia grave, come per azione esterna: ora sono i fratelli
che uccidono a bruciapelo, ora è il creato suo: caduta di
slavina ghiacciata travolge e uccide 8 scalatori. Ma il sacrificale
fisico normalmente ha la sua collocazione naturale. Va a
collocarsi in quel periodo della vita che si è sempre chiamato:
la vecchiaia. (Come lo si sente) Si è sempre sentita brutta
la vecchiaia e la si è sempre espressa in termini nereggianti;
si sente dire: ‘Come è brutta la vecchiaia!’. Oggi non solo
brutta, ma orribile e deprecabile. Come il termine morte si è
caricato dell’odio di tutta l’umanità, così il termine vecchiaia si
va caricando dell’odio di quasi tutta l’umanità. Dico quasi tutta
perché di tanto in tanto si incontra una vecchiaia che di brutto
non ha molto. La cultura dominante nella nostra società è in
posizione di totale avversità alla vecchiaia. Tanto che ne ha eliminato
il termine. Non si parla più di vecchio e di vecchiaia,
ma della terza età, così non si ha più l’impressione desolante
suscitata dalla vecchiaia. L’inganno della terza non ci interessa;
ma l’età ci giova. Per noi, la terza è l’età sacrificale.
Vecchiaia è l’età sacrificale; non un atto sacrificale di pur sempre
limitata durata, ma età sacrificale che può distendersi per
una serie di anni. Che la vecchiaia sia l’età sacrificale è facile
documentarlo. Sono molte le funzioni fisiche che vanno riducendosi:
si perde la vista, l’udito, la favella si fa zoppicante; si
perde la memoria, l’intelligenza si accorcia, il sonno scompare,
l’appetito si attenua, le gambe non portano più, il lavoro si
fa sempre più impossibile. Il sacrificale della vecchiaia è lì ogni
giorno che avanza. Anche un detto lo dice: ‘ Dopo la cinquantina,
c’è una nuova ogni mattina’. Gli operatori sociali si affiancano
alla vecchiaia, come il volontariato, ma con un impegno
ben preciso: far di tutto per far convinti i vecchi che la loro età
non è affatto sacrificale. Anche la Chiesa si affianca a quell’età
e traccia piani pastorali a favore degli anziani per dar vita alla
pastorale della terza età. Non si sente mai parlare della pastorale
dell’età sacrificale. Dovremmo prima conoscere la pastorale
Paterna per l’età sacrificale. Quella età è dotazione e donazione
Paterna. Età sacrificale: dono grande del Padre. Sapeva
che per la persona il sacrificale è un’impresa costosissima che
richiede preparazione e allenamento fisico e morale in modo
da raggiungere la miglior forma possibile. Ecco il tempo dell’allenamento
sacrificale. Dovremmo condurre una vita piccolare,
ma sapendo che Satana ce l’avrebbe resa difficilissima,
ecco il dono di una età piccolare, che noi non vogliamo accettare,
e siamo pronti invece a rifiutare.

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