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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
Rimane la preghiera del dire, però sacrificale, non egoisticale.
L’unica di Gesù. Riportata dai tre evangelisti. In
essa Egli non retrocede dal suo sacrificale. Dice ai suoi di
non temere chi uccide il corpo. Anzi, Lui anela al suo battesimo
sacrificale. Ma più delle parole ce lo dirà la
sostanza del suo Spirito.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Togliermi il piacerale, lasciarmi sacrificare dai
fratelli sacrificatori, lasciarmi immolare dalla età sacrifi86
cale e dal suo finale, con devoto e silenzioso amore sacrificale:
questo è il vero pregare che assolve e salva.
Scartata la preghiera del dire egoisticale non è che abbia
eliminato ogni preghiera del dire, perché una sicuramente
rimane, ed è quella di Gesù che noi conosciamo.
In tre ce l’hanno riportata. È la preghiera della sua ora,
preghiera dell’agonia nell’Orto degli Ulivi: Gesù parla al
Padre suo. Ne afferma la sua onnipotenza: ‘Tutto è possibile’.
Poi si appella alla sua volontà: ‘Se vuoi, allontana da
me questo calice; però non sia fatta la mia, ma la tua
volontà’. La risposta Paterna anima la seconda e terza preghiera:
‘Padre mio, se questo calice non può passare senza
che io lo beva, si faccia la tua volontà’.
La triplice preghiera di Gesù io la chiamo ed è veramente
la preghiera del dire sacrificale.
Per giustificare la nostra fuga davanti al sacrificio finale,
abbiamo dato alla preghiera di Gesù il significato di una
triplice fuga davanti alla morte. Ora ci sentiamo impegnati
a dimostrare la falsità della affermazione; Gesù non
retrocede davanti alla morte.
1) (Da quel che dice) Dalle sue parole attingo la prima
prova. (Poi da quello che è) Gesù non ha paura e non
fugge. Anzi Gesù si consegna liberamente a una Chiesa
dirigente ebraica ladra e assassina decisa a eliminare un
uomo che sentiva nemico spietato di tutti i suoi interessi
egoisticali, e non teme minimamente la sua impareggiabile
crudeltà. Lui non teme e così i suoi amici sono
chiamati a lasciarsi odiare dagli uomini.
a) Ecco che cosa raccomanda loro: ‘Dico a voi, amici
miei: non temete dinnanzi a coloro che uccidono il
corpo e dopo di questo non possono fare di più. Vi
dimostrerò invece chi dovete temere: temete colui
che dopo aver ucciso, ha potere di gettare nella
Geenna’. (Lc 12, 4-5) Gli uomini possono ucciderti
solamente nel corpo (e ne abbiamo paura), ma
Satana può uccidere nell’amore e fissare in quella
morte eternale (e non lo temiamo minimamente).
Gesù non teme satana: su di Lui Satana non ha alcun
potere; a maggior ragione quindi non teme gli uomini
suoi sacrificatori. Se Gesù avesse fatto tre passi
indietro davanti alla morte per mano di uomini sarebbe
stato un bugiardo: dice ai suoi di non temere,
mentre Lui ne ha spavento. Coma mai Gesù non
teme la morte? Non la teme perché in Lui non c’è
alcuna orma di egoisticità. C’è anzitutto il suo contrario:
in Gesù c’è solamente amore alla sacrificalità.
b) ‘Sono venuto a mettere fuoco sulla terra e quanto
desidererei che già divampasse’. Il fuoco è sicuramente
quello dell’amore; ma di quale? Non solamente
l’amore beneficale, ma il fuoco dell’amore
sacrificale. Ma prima che divampi gli occorre un
battesimo sacrificale di immersione: immergersi nel
suo sacrificale fisico. Mancano ancora alcuni mesi
prima di riceverlo dalla sua Chiesa, ed è tutto scalpitante
come un cavallo che attende impaziente di
entrare in corsa. Gesù anela con ardore al suo sacrificale.
Non è la fretta per abbreviare lo spasimo dell’attesa,
ma è il desiderio grande di averlo subito,
tanto lo si ama. Le sue parole ci hanno dimostrato
con chiara certezza che Gesù non fa tre passi indietro
davanti al suo sacrificale: non teme minimamente,
anzi lo desidera ardentemente quale ambito battesimo
sacrificale. Questo ci assicurano le sue parole.
Ci dirà di più la sua sostanza.

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