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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
La morte del fideato l’abbiamo percepita come necessità
punitiva. Due che concorrono a un castigo: comando di
Dio e ribellione della coppia.
Prima il dono preternaturale a bloccare la morte, poi
scorre per umana solidarietà e la si accoglie come espiazione
del peccato. Pure Gesù espia e soddisfa: comando,
minaccia, castigo, espiazione.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Lo prego vivendolo: quello che mi do al piacerale,
quello che mescolo al beneficale, quello che accetto
liberamente dai miei fratelli sacrificatori, quello che
accolgo dal creato suo e dal concreato nostro, quello che
mi viene dato dal corpo mio.
Non più morte, ma sacrificale fisico.
1) Della morte si è detto che è di necessità, ma dura,
pesante e schiacciante perché l’amore egoisticale me la
fa sentire nemico, che non ha pietà alcuna; spietato, un
nemico inconciliabile con me.
2) La fede cristiana derivata da quella ebraica me l’ha presentata
come un gravissimo castigo che grava su tutta
l’umanità: la morte è di necessità punitiva. È questa la
morte affidata alla fede religiosa e quindi la morte
fideata. Ci accostiamo ad essa. Un castigo suppone due
concorrenti:
a) Da parte di Dio un comando proibitivo e una minaccia
punitiva: la Bibbia non omette né l’uno né l’altra:
‘Non mangiate dei frutti dell’albero che sta al
centro del giardino dell’Eden; se ne mangerete,
morirete’.
b) Da parte della coppia umana una aperta e ribelle trasgressione.
(Prima delle ribellione che cosa bloccava la morte?)
La riflessione teologica ha pensato a un dono divino posto,
messo lì per impedire la morte della sua creatura.
(Il visuato qui non rinnova, ma arreca una novità che fa
scomparire una intera mentalità) Non un dono naturale (di
natura mortale) perché la materia vivente muore anche in
un animale; ma un dono preternaturale che avrebbe garantito
all’uomo l’immortalità fisica, dal momento che Dio lo
è della vita e non della morte. La disobbedienza della coppia
polverizza quel dono e la morte prima bloccata prende
a dilagare in tutta l’umanità.
1) Per mettere a tacere la protesta della discendenza
umana che si sente estranea a quella disobbedienza
consumata coscientemente dalla coppia umana, si è
introdotto il principio della solidarietà umana. Poiché
l’umanità è unita alla prima coppia umana per una serie
di generazioni ininterrotte non può che sentirsi solidale
nelle conseguenze di quel primo peccato. Ma di fatto la
solidarietà non viene accolta da nessuno perché contro
la morte si scagliano tutte le persone.
2) Per invogliare il credente a un minimo di accoglienza
della morte (rassegnazione) si è affermato il suo valore
espiatorio. La morte accettata espia il peccato.
Funzione espiatrice. Lo si ricorda al morente: ‘Quando
avrai pagato con la morte il debito del peccato’. La
medesima funzione l’abbiamo assegnata anche alla
morte di Gesù, il quale avrebbe portato sul legno della
croce i peccati dell’umanità intera per espiarli con la
sua morte e dare piena, anzi sovrabbondante soddisfazione
al Padre per l’offesa da Lui patita. Con la morte
di Gesù innocente abbiamo ricavato un motivo valido
per non fare recriminazioni contro Dio quando siamo
davanti alla morte di tanti piccoli e innocenti.
Veramente un Dio così è un essere senza pietà, un essere
spietato che esige sia riparata la giustizia fino in fondo e
da parte di tutti: buoni e cattivi, colpevoli e innocenti. La
morte che è stata affidata alla fede: morte fideata, si presenta
così. Ha una funzione esclusivamente espiatoria.
Non le abbiamo riconosciuto le qualità di un dono. Gli
manca assolutamente una funzione metamorfosale che
incontreremo nella morte visuata che lo Pneuma ha già
approntata per farci passare dalla morte: necessità punitiva,
a necessità donativa.

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