271

Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
Quello che Gesù è ci fa convinti al sommo che Lui non riesce
a pensare la paura o desiderare la fuga, né a sentirle.
È il Figlio del Padre in carne umana.
Viene dal talamo Paterno metamorfosale. È la primizia
dell’irradiazione Paterna in forma personale. Risulta
fatto solo di amore sacrificale vivibile, dinamico: vuole e
traccia il piano. Non riesce a temere, a fuggire.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova.
Tocca la preghiera del dire egoisticale ed ecco uscir fuori
la preghiera del fare sacrificale.
Prego togliendomi ogni piacerale, lasciandomi sacrificare
dai fratelli sacrificatori, lasciandomi immolare dall’età
sacrificale e dal suo finale.
Eliminato il dire egoisticale, rimane però il dire sacrificale;
rimane perché Gesù ce ne ha dato un esempio impareggiabile.
Lo stiamo esaminando per coglierne tutta la sua
portata. È la triplicata preghiera della sua agonia nell’Orto
degli Ulivi. Vi afferma la onnipotenza Paterna, poi si
appella alla sua volontà: ‘Se vuoi, allontana da me questo
calice’. Nella seconda e nella terza tratta la risposta
Paterna; ‘Se questo calice non può passare senza che io lo
beva, sia fatta la tua volontà’.
Noi cristiani egoisticali vi abbiamo scorto la paura di Gesù
davanti alla passione, ne abbiamo affermato un tentativo
di fuga e vi abbiamo visto tre passi indietro.
La nostra interpretazione non è affatto vera: un inganno
egoisticale.
a) Da quello che dice ai suoi discepoli ne abbiamo ricavato
la prova contraria. ‘Non temete chi uccide il
corpo: solo Satana è da temere’. Gesù non teme né
Satana né i suoi sacrificatori né la morte perché è
tutto e solo amore sacrificale, nulla di egoisticale.
L’amore sacrificale è il fuoco che viene a mettere in
terra e lo vorrebbe vedere già divampare, ma prima
gli occorre un battesimo sacrificale per il quale è più
che impaziente e scalpitante. Da quello che dice
abbiamo ricavato la prova che Gesù non teme e non
fugge dal suo sacrificale; da quello che è noi attingeremo
la certezza assoluta che Lui non riesce a sentire
paura e desiderare e pensare la fuga.
b) Chi è Gesù? È il Figlio del Padre venuto in carne
umana. Poiché il Figlio viene dal Padre e viene dal
talamo Paterno metamorfosale. Il Padre per il suo
anelito a piccolare sempre di più vi si trasforma. Si
riduce, si riduce nel suo spirito di amore fino a
diventare un sommo ad estremo concentrato di
potenzialità Paterne che lo fanno vivibile da altri.
Per quelle potenzialità dà il via prima alla creazione
di coppia angelica e poi umana.
Così va attualizzando le sue potenzialità che lo fanno
esprimibile e cedibile, concepibile e vivibile al sacrificale.
Per quella metamorfosi il Padre si fa irradiabile e quindi
ecclesiabile. La primizia della sua irradiabilità è riservata
al Figlio in forma unica e esclusiva.
Espropriato, il Padre si cede in persona di Figlio vivibile
al sacrificale. È la generazione temporale del Figlio.
L’identità è perfetta: Figlio è il Padre cedutosi espropriato
in persona di Figlio. Il Padre è amore sacrificale e tale
risulta il Figlio.
L’amore sacrificale in Figlio non è statico, ma sommamente
dinamico: è vivibile al sacrificale. È quel vivibile
che denota una potenzialità dalla pressione altissima. Da
quella pressione viene una voglia incontenibile, un piano
realizzabile nel quale vivere tutta la sua sacrificalità personale.
L’incarnazione non è da un comando Paterno, ma
dalla esigenza di sacrificalità personale. Unica direttiva di
marcia è il sacrificale; unica forza di lancio: il suo amore
sacrificale che per la sua partecipazione Paterna lo pone in
una posa devozionale che non ammette né paura né fuga
davanti al sacrificale. Ecco perché il Padre aveva una gran
voglia di parlare di quel suo Figlio. Lo fa in due occasioni:
al suo Battesimo e alla sua Trasfigurazione: ‘Figlio
diletto in cui mi sono compiaciuto’: per due volte. Lui
Figlio in forma personale. Noi in forma concezionale ma
sempre diletti quando viviamo il sacrificale con devoto
silenzioso amore sacrificale. Né timore né fuga, dunque,
in Gesù, ma un inarrestabile ardore sacrificale.

Nessun commento:

Posta un commento