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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
L’amore sacrificale che trova la Santa Unzione da dove
viene?
È il Figliale. Due segni sensibili: pane e vino, e la parola.
Prima la manducazione del corpo dissanguato. In vita: la
S.Comunione.
In morte: il Viatico, che è proprio dell’età sacrificale. Il
Viatico mi dà la materia del suo sacrificale fisico. Non desidera,
non comanda: immettere la materia del suo sacrificale.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco saltar su la preghiera del fare
sacrificale. Lo prego vivendolo: quello che mi do al piacerale,
quello che mi danno i miei sacrificatori, quello che
mi dà il corpo mio: il mio sacrificale fisico, che va a collocarsi
al termine della età sacrificale, accanitamente odiata
dalla mia egoisticità. Posso riscattare l’età sacrificale
con quelle conoscenze Pneumatiche che mi facciano convinto
della preziosità di quell’età: è l’immagine del Padre
sacrificale, è digiuno egoisticale, è pedagogia al sacrificale
finale. Avanzando tali conoscenze, l’amore sacrificale
che prima va in convinzione, passa subito all’azione. È
l’amore sacrificale in azione che domanda il segno sensibile
di un amore che scorre nell’età sacrificale: è il sacramento
della Santa Unzione:
1) che non mi fa dono dello Spirito Santo: c’è già ed è già
in azione;
2) che non mi scioglie la morte dell’amore; lo fa il sacrificale
di quell’età;
3) che non mi solleva fisicamente perché l’età sacrificale
mi porta a quella finale.
Sicuramente: mi corrobora e mi accresce l’amore sacrificale,
come avanza il sacrificale di quell’età. Ma soprattutto
mi diffonde quella pace sacrificale che l’età vissuta con
amore devoto e silenzioso mi va effondendo con una vita
che va alla sua pienezza. Pace sacrificale è pienezza di
vita. La Santa Unzione è più quello che trova di quello che
mi dà. Trova l’amore sacrificale in azione nell’età sacrificale.
E l’amore sacrificale donde mi viene? Parliamo non
di quello Paterno che Satana ci ha volto in egoisticale.
Parliamo di quello Figliale, che Gesù ha affidato a due
segni sensibili:
*) L’uno è il pane e il vino, l’altro è la sua parola.
Poiché nell’ordine delle cose prima si pone il mangiare:
manducazione, e poi il ‘vivere di’ o comunione, prima facciamo
parola del pane e del vino.
Gesù ne ha fatti segni sensibili del corpo e sangue di
Cristo. Il pane e il vino consacrati sono Corpo e Sangue.
(Come chiamati) Presi durante la vita li abbiamo chiamati
la S.Comunione; presi mentre è in atto il sacrificale finale,
li abbiamo chiamati il Viatico. L’abbiamo chiamato
così in relazione al viaggio che l’ammalato grave va compiendo
verso l’eternità. Il viaggio si fa verso il sacrificale
fisico e quindi è proprio dell’età sacrificale, non si va
verso l’eterno. Dal tempo all’eterno il viaggio è brevissimo:
c’è solo un repentino e fulmineo passaggio al compiersi
del sacrificale fisico. Il Viatico lo domanda l’età
sacrificale e non una sola volta, ma in successione più frequente
possibile. Viatico dunque è il sacramento dell’età
sacrificale come lo è la Santa Unzione. Che cosa ci dà il
Viatico? Mi dà la materia del sacrificale fisico di Gesù.
E la materia:
1) è il suo corpo dissanguato. Dal sudore di sangue, alla
flagellazione, dalla incoronazione alla crocifissione
fino alla lanciata del centurione, il suo corpo si fa veramente
dissanguato e tale ci si presenta nella consacrazione
della Messa: il corpo e il sangue separati: dunque
corpo dissanguato. Non lo chiamiamo Gesù eucaristico:
non possiamo dirlo tutto, quando c’è solamente il
sangue fuori del corpo. Parliamo di materia del sacrificale
fisico, non parliamo del sacrificale morale, messianico
e divino; questi li incontriamo altrove.
2) Perché col suo corpo dissanguato ne facessimo manducazione
e bibizione li ha assegnati al pane e al vino. La
materia del sacrificale fisico non solo desidera che la
mangiamo e beviamo, ma ce lo comanda: mangiatene,
bevetene. Mangiare e bere è immettere il sacrificale
della materia. Non è amico, compagno e confidente; è
il suo sacrificale, da portare dentro.

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