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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
2) Il creato suo è nostro possibile sacrificatore.
Quante vittime ha fatto il creato suo! Donde il suo sacrificale?
La forma data vuole la sua evoluzione; in essa i
fenomeni cosmici che sacrificano. Non fatalità, destino o
caso, ma accurata programmazione Paterna.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova.
Tocca la preghiera del dire egoisticale ed ecco uscir fuori
la preghiera del fare sacrificale.
Il sacrificale lo prego vivendolo: in quello che mi do, in
quello che mescolo al beneficale, in quello che liberamente
accetto dai miei sacrificatori. Le cose non vanno affatto
bene in questo nostro mondo; un gravissimo malessere
generale ci sta rodendo e distruggendo.
A che cosa lo dobbiamo? Alla assenza del fare sacrificale.
È la preghiera che il Padre attende dai genitori, dai sacerdoti,
dagli operai, e dall’uomo, e non l’ottiene.
Eppure alla preghiera del fare sacrificale il Padre ha affidato
le sorti di questa umanità che vive al presente. Per
questo facciamo più attenzione al sacrificale che ci viene
dai sacrificatori.
Ma oltre al sacrificale dai fratelli nostri c’è pure quello che
proviene dal creato suo.
Accostiamo immaginosamente le vittime della montagna
che crolla, della valanga che travolge, del gelo che assidera,
del caldo che fa scoppiare, del terremoto che fa crollare,
del vulcano che investe, dell’uragano che devasta, del
vento che spazza via, delle inondazioni che soffocano la
vita, delle belve feroci che dilaniano, e avremo una pallida
idea del sacrificale che proviene dal creato suo, al
punto che dobbiamo concludere: viviamo in un creato inospitale,
con delle forze naturali così scatenate e furibonde
1) da mettere in forse quell’amore che ogni vivente
dovrebbe nutrire verso la casa della sua abitazione,
2) ma ancor di più da mettere in dubbio quella visione
ingenua che Dio si sarebbe fatto del suo creato.
Al termine di ogni successiva creazione, Dio si sofferma
da ammirare la sua creazione e ne gode immensamente
per quella bontà insita in ogni creatura: ‘E vide che tutto
era buono’. Ma se l’autore della Genesi avesse passato in
rassegna i fenomeni naturali presenti nel creato, si sarebbe
posto almeno delle domande ansiose.
Se tutto è buono, come mai tante cattiverie nel creato suo?
Una terra che divora i suoi abitanti è solo parzialmente
buona. Come mai il sacrificale del creato suo? Dio non ha
creato un mondo ordinato e pacifico e sereno disteso in
una perfezione immutabile.
Ha creato il mondo dandogli una forma tale da consentirgli
una costante evoluzione. Al creato gli ha assegnato la
forma di un concentrato sommo di potenzialità cosmiche
che nella loro perenne evoluzione danno vita al suo formarsi.
Dio lo fa essere in modo da evolversi verso la sua
maturazione e infine al suo esaurimento.
È la vita del creato suo. Ma nel suo evolversi ecco i fenomeni
cosmici che fanno da sacrificatori. Sacrificano la vita
vegetale, come quella animale e non sempre sfugge l’umano,
per quanto disponga di una intelligenza che sa presentare
difese sempre più valide. La persona che pensa e che
dice di questo sacrificale di natura? Parla di un fato e di
una fatalità inevitabile.
Parla di un destino cieco indecifrabile. Parla pure di un
puro caso dovuto a ignote combinazioni.
Normalmente non si chiama in causa Dio, che non c’entrerebbe
in tali eventi. Tutt’al più lo si accusa di indifferenza
per l’uomo. Potrebbe bloccare le forze avverse naturali
e non lo fa.
Il sacrificale naturale l’ha inserito il Padre in quel concentrato
di potenzialità cosmiche. Perché? Se ci sentiamo piccoli
davanti al creato, perché non al creatore?
E se da Lui è il sacrificale, siamo chiamati ad accettarlo.
Via la ribellione.

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